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Mamma - piccole tragedie minimali

2-3 DICEMBRE 2017

MAMMA
Piccole tragedie minimali

POSITANO EVENTI MEDITERRANEI

di Annibale Ruccello
con Antonella Morea, Vittorio Cataldi (fisarmonica e violino), Ginetto Ferrara (tromba)

Nel maggio del 1986, pochi mesi prima di lasciarci, Annibale Ruccello iscrive al premio di drammaturgia dedicato alla memoria di Gennaro Vitiello (il padre della sperimentazione teatrale a Napoli) due copioni, uno è “Anna Cappelli” l’altro è “Mamma: piccole tragedie minimali”. 

di Annibale Ruccello
con Antonella Morea, Vittorio Cataldi (fisarmonica e violino), Ginetto Ferrara (tromba)
Costumi Alessandra Gaudioso
Scene Carmine De Muzio
allestimento e regia Gerardo D’Andrea

Nel maggio del 1986, pochi mesi prima di lasciarci, Annibale Ruccello iscrive al premio di drammaturgia dedicato alla memoria di Gennaro Vitiello (il padre della sperimentazione teatrale a Napoli) due copioni, uno è “Anna Cappelli” l’altro è “Mamma: piccole tragedie minimali”. Mi è sembrato naturale che, volendo ricordare la figura di questo grande autore nel trentennale della sua morte che, seppure prematura ed improvvisa, ci ha lasciati con un patrimonio drammaturgia denso e di grande incisività scegliere, uno di questi due testi, che io considero una sorta di involontario testamento, per linguaggio e temi, che lui, sicuramente, avrebbe poi sviluppato in maniera articolata ed approfondita. La scelta mi è venuta facile quando ho voluto come interprete una delle voci più belle nel panorama teatrale napoletano ed italiano, un’attrice che, nella sua storia personale, è riuscita a coniugare modernità e tradizione. Parlo, naturalmente, di Antonella Morea, la quale, da circa venti anni, porta sul palco il personaggio di Anna Cappelli con grande costante successo. Restava, pertanto, una sorta di completamento dovuto, ad Antonella ed ad Annibale, che lo spettacolo fosse, per l’appunto, “Mamme”, declinato al plurale, così come forse avrebbe apprezzato anche il suo autore, essendo il testo una sorta di paradigma degli orrori che tre figure materne perpetrano nei confronti di figli reali o immaginari.  In scena ognuno di questi monologhi, completati da un prologo favolistico opera dello stesso autore, viene sottolineato dalle atmosfere cupe o stridenti di altrettanti diversi strumenti musicali, mentre il personaggio vive all’unisono il suo delirio di lucida e “minimale” follia.

Gerardo D’Andrea

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