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Archivio TAN

di e con Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi
spettacolo vincitore Forever Young 15.16
scene e costumi Cinzia Muscolino
scenotecnica Pierino Botto
disegno luci Roberto Bonaventura
aiuto regia Veronica Zito
collaborazione artistica Ivana Parisi, Simone Carullo, Giovanna La Maestra

e con la collaborazione del Centro Diurno di Salute Mentale “Il Camelot”, del Teatro Vittorio Emanuele e della “Casa del Con”
produzione Carullo/Minasi e La Corte Ospitale

Il folle "sragiona" spesso molto meno di quanto si creda, forse addirittura non sragiona maiEugène MinKowski (1998)

Un Centro di Salute Mentale e due personaggi: uno, in condizione di “pazzo per attribuzione” trascorre la propria vita a interrogare le stelle, discorde con il tempo presente; l’altra, donna perfettamente integrata, ossessionata dalla carriera, ma che avverte un’insania incipiente. Né pazzi né sani, Mimmino e Sofia in un dialogo serrato - braccio di ferro tra due esperienze di vita completamente opposte - si scopriranno simili, umani, sorridenti, autoironici, sebbene parti inconsapevoli di un sofisticato meccanismo congegnato per rendere l’uomo prigioniero di sé stesso.

Si incontrano in una terra di frontiera, il Centro Diurno di Salute Mentale “il Castello”, in cui il confine tra coloro che stanno dentro e coloro che stanno fuori sfuma in un indistinto resistere tra protocolli da rispettare e vite da normalizzare.
“Leggero come un macigno” è l’ossimoro che ci vuole guidare dentro il paradosso del contemporaneo, di due mondi apparentemente diversi tra loro, ma coincidenti in quell’unica infelicità chiamata vita. Dentro le mura d’un “Castello” di carte, codici e categorie, Cattedrale ultima dell’identità alienata e interrotta dell’uomo contemporaneo, rimbombano silenti i dialoghi di due solitudini, nella logica d’un mondo che tenta di categorizzare ma che di continuo esclude.
L’elaborazione drammaturgica del testo è partita da confronti e scambi avuti con pazienti di strutture psichiatriche, dialoghi che hanno consentito di raccogliere quadri di vita vissuta. L’esperienza della cura del male mentale s’è trasformata in pretesto, in metafora della società e delle sue disfunzioni, approdando a una follia tutta contemporanea. Dietro il semplice obiettivo di condividere esperienze di vita, s’è sviluppata una ricerca assai singolare lì dove la vera sorpresa è stata la difficoltà d’operare nette distinzioni tra il sano e il malato, tra il certificante e il certificato. Nulla accade se non viene registrato, fuori dall’elenco non esiste nulla, non esistono gli operatori, non esiste la cura.
Chissà forse che i malati non esistano. Chissà forse che i malati siamo noi.
L’oggi attende d’essere storicizzato, non resta che essere affetti da un delirio bizzarro che tutti ci coinvolge.

“La follia libera dagli affanni” - Elogio della follia, Erasmo Rotterdam (1511)

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