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Archivio TAN

ideazione drammaturgia e regia Davide Iodice
versi Damiano Rossi
training e studi sul movimento Fabrizio Varriale
spazio scenico, maschere e pupazzi Tiziano Fario
costruzioni scenotecniche Luciano Di Rosa
costumi Daniela Salernitano
assistente ai costumi Ilaria Barbato
luce e suono Antonio Minichini
allestimento Mattia Di Mauro
con Francesca Romana Bergamo, Alice Conti, Fabio Faliero, Biagio Musella, Annamaria Palomba, Damiano Rossi, Ilaria Scarano, Fabrizio Varriale
produzione Teatri Associati di Napoli
direttore di produzione Hilenia De Falco
assistente di produzione Emanuele Sacchetti
produzione esecutiva Interno5
in collaborazione con scuola elementare del teatro | conservatorio popolare per le arti della scena, ideato e diretto da Davide Iodice e Centro di Prima Accoglienza Napoli

(…)
ciò che si perde o per nostro diffetto,
o per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna.
(…)
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l’inutil tempo che si perde a giuoco,
e l’ozio lungo d’uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai.
(Ludovico Ariosto – Orlando Furioso)

Avviato nell’edizione 2018 del Napoli Teatro Festival Italia, con un laboratorio intensivo presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, prosegue e si compie in forma scenica (debutto 12/13 e 14 luglio 2019 – ripresa 24/29 settembre 2019 presso Palazzo Fondi – Napoli) il nuovo processo di indagine antropologica, sociologica e poetica ideato e diretto da Davide Iodice. La luna pone come centro di riflessione lo scarto, il rifiuto, nella sua accezione simbolica, affettiva e emotiva: ciò di cui ci si vuole o ci si deve liberare, o che si è ‘messo da parte’. L’ambito della ricerca espressiva è quindi la Pòlis, la comunità cittadina, chiamata ad essere ‘drammaturga’ del processo creativo. I cittadini sono stati invitati a portare i loro rifiuti in un luogo, che si è configurato mano a mano come un vero e proprio “magazzino d’umanità”, dove gli oggetti raccolti ritrovano una dimensione emblematica e testimoniale. Le narrazioni che accompagnano questi reperti autobiografici sono state filmate, e hanno costituito via via la base di una scrittura scenica polifonica. Parallelamente è stata condotta una ‘raccolta porta a porta’, sollecitando individualità ed esperienze variamente rappresentative della città. Si compie così un atto psicoanalitico collettivo, trasformato espressivamente dagli attori|performers, qui chiamati a contaminarsi con l’immondo psicologico di una comunità per ricavarne una idea di mondo, di società, un senso perduto, identitario, pubblico, se non già quel senno che Astolfo cerca sulla Luna dove “ciò che si perde qui, là si raguna”.

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