13-14 Aprile | Gli sposi - Romanian Tragedy
regia e interpretazione Elvira Frosini e Daniele Timpano
testo David Lescot
traduzione Attilio Scarpellini
disegno luci Omar Scala
scene e costumi Alessandro Ratti
collaborazione artistica Lorenzo Letizia
assistente alla regia Camilla Fraticelli
voce off Valerio Malorni
progetto grafico Valentina Pastorino
uno spettacolo di Frosini Timpano
produzione Gli Scarti, accademia degli artefatti, Kataklisma teatro Con il sostegno di Armunia, Spazio ZUT!, Teatro di Roma, Asti teatro Nell’ambito di Fabulamundi. Playwriting Europe - Beyond Borders
Gli Sposi è la storia di un'ordinaria coppia di potere, Nicolae Ceausescu ed Elena Petrescu, che hanno messo la Romania in ginocchio per oltre vent'anni. Il più sinistro tra i tiranni dei paesi del blocco comunista e sua moglie. Dittatori capricciosi e sanguinari, per oltre vent'anni questi Macbeth e Lady Macbeth dei Balcani hanno seminato la paura nel popolo rumeno per poi finire sommariamente giustiziati davanti alle telecamere, sotto gli occhi del mondo, il 25 dicembre 1989.
"Un uomo e una donna. Delle persone molto ordinarie, nella Romania del XX secolo. Entrambi vengono dalla campagna. Un po' nello stesso modo l’uno e l’altra si ritrovano a militare nel Partito Comunista. Niente sembra distinguerli dai loro compagni. Tranne il fatto che sono un po’ meno dotati della media. Sono delle creature senza smalto in un mondo senza orizzonte.”
David Lescot
Non c’è niente di cui il teatro non possa parlare, almeno secondo David Lescot: dalle storie più personali, che poi si rivelano sempre politiche, a quelle più globali, dall’infanzia al clima, dai sopravvissuti alla Shoah al potere del denaro, dalle dittature comuniste nei paesi dell’Europa dell’Est alla Comune di Parigi. Ma soprattutto non c’è un linguaggio artistico che dall’infinito intrattenimento del teatro possa essere escluso: la musica e la danza, rigorosamente eseguite dal vivo, prolungano lo sconfinamento della parola drammaturgica negli oggetti scenici creati da questo autore che è tra i pochi del suo paese a essere un uomo di teatro totale: drammaturgo, attore, regista, musicista, Lescot (classe 1971, figlio e fratello d’arte, suo padre Jean e suo fratello Micha sono entrambi attori) è stato salutato dal pubblico e dalla critica come una rivelazione fin dal suo primo affacciarsi sulla scena. Pluripremiato, con il Premio del sindacato nazionale della critica per la migliore creazione in lingua francese per ben due lavori (Un homme en faillite del 2007 e Ceux qui restent del 2014), con il Prix Nouveau Talent Théàtre nel 2008, con un Molière "per la rivelazione teatrale”, assegnato alla Commission centrale de l’enfance nel 2009, con il Grand prix de la litérature dramatique per L’européenne (portato in scena anche in Italia, al Festival di Napoli nel 2011), Lescot riesce a muoversi tra le forme sceniche più svariate, dal teatro documentario al cabaret musicale, senza mai alterare l’asciutta efficacia della propria scrittura. Musica e danza rientrano spesso nei suoi dispositivi di ironica decostruzione della Storia alla quale questo autore che non ha dimenticato le proprie origini ebreo polacche dedica un’attenzione inquieta e sempre cruciale. Capace di una spoliazione radicale degli apparati del teatro, come in Ceux qui restent, dove le testimonianze degli ultimi sopravvissuti del Ghetto di Varsavia presenti in Francia vengono consegnate al puro scambio verbale tra due attori, lo è non di meno di concertazioni corali e inaspettata jam session come in La chose commune, lo spettacolo realizzato con il musicista Emmanuel Bex, dove l’utopia della Comune di Parigi dialoga con il jazz, o di miniature solistiche come la Commission centrale de l’enfance, uno dei suoi cavalli di battaglia, in cui da solo, accompagnandosi con una chitarra elettrica cecoslovacca degli anni ’60, rievoca per lampi le sue vacanze nelle colonie estive della Commissione centrale dell’infanzia, l’associazione creata nel dopoguerra dagli ebrei comunisti francesi, all’origine per i figli degli scomparsi nei campi di concentramento. Un "cabaret minimalista”, come lo stesso Lescot lo ha definito, una ballata, una rapsodia di voci che rinascono e si fondono in un’unica voce. Ma anche un episodio marginale e poco conosciuto nella storia dei movimenti comunisti occidentali nel quale restano impressi i segni, i temi e le parole d’ordine dell’ideologia che per lungo tempo venne considerata il "grande affare della vita”. La drammaturgia di David Lescot, infatti, usa volentieri il prisma del teatro per amplificare la marginalità o, viceversa, per rimpicciolire l’enfasi della storia monumentale. Che è quanto accade in uno dei suoi ultimi testi, Les epoux, storia di "un’ordinaria coppia di dittatori” raccontata da loro stessi con Nicolae Ceausescu nei panni di "Lui” e sua moglie Elena nei panni di "Lei”. Nato da una commissione della regista Anne-Laure Liegeois (che l’ha portato in scena nel febbraio del 2016 al Théàtre 71- Scène National de Malakoff), il testo di Lescot segue passo dopo passo, dalla nascita alla morte, la resistibile e quasi casuale ascesa dei coniugi Caeusescu dalle oscure origini contadine fino ai vertici della Romania comunista - ed è un’ascesa nel grottesco di un’esilarante commedia nera scandita dalla stupefacente mancanza di qualità di due Macbeth dei Balcani, poco dotati e fallimentari in tutto, tranne che nel gioco in cui primeggiano tutti gli uomini privi di vocazione e di qualità: il potere. Frontali davanti al pubblico, soli e costantemente in scena, impegnati a raccontare la propria storia e insieme la storia del paese che hanno devastato (in quell’intreccio tra piccola e grande storia tipico del teatro di Lescot), è quasi impossibile, leggendo il testo, non rivedere Elena e Nicolae in quelle fotografie a un tempo drammatiche e agghiaccianti che nel 1989 li ritraevano, lividi e invecchiati, uno accanto all’altra, nel corso di quello che fu uno dei primi processi mediatici della storia contemporanea - un processo di cui il drammaturgo francese riesce a restituire negli ultimi quadri tutta la tragica ambivalenza, fino a toccare quel culmine supremo di ogni parabola satirica in cui, dopo aver tanto riso, non c’è più niente da ridere. Non sorprende che Daniele Timpano ed Elvira Frosini, la coppia artistica che nel nostro teatro ha meglio interpretato il potere e la società in chiave di comicità critica e di umorismo crudele, abbiano subito sentito un’affinità elettiva con i due tragicomici coniugi di Lescot, abbastanza veri e abbastanza assurdi, abbastanza determinati e abbastanza miserabili, per rientrare a pieno titolo in quella contro-storia satirica del novecento che i due attori-drammaturghi italiani vanno scrivendo da anni con spettacoli quali Dux in scatola, Sì l’ammore no, Acqua di colonia. Un’affinità del resto ricambiata, dal momento che l’autore di Commission centrale de l’enfance e Les Epoux ha voluto portare sulle scene la versione francese di Aldo morto, impegnandosi persino nell’interpretazione delle canzoni d’epoca che costellavano il testo.
Attilio Scarpellini
Elvira Frosini e Daniele Timpano, sono autori, registi e attori. I loro lavori sono stati rappresentati in numerosi teatri, festival, e contesti performativi in Italia e all'estero, tra gli altri: Romaeuropa Festival, Teatro Argentina di Roma, Teatro Elfo Puccini, Bassano Opera Estate/Festival B.Motion, Festival Inequilibrio/Armunia di Castiglioncello (Li), Teatro della Tosse, Festival delle Colline Torinesi, Teatro Bellini di Napoli, Teatro India di Roma, Festival Short Theatre Roma, "Face a Face" / Theatre de la Ville Parigi, Place à l'Art Performance e La Nuit Blanche di Parigi. Tra i loro spettacoli ricordiamo: Dux in scatola (2006), Reperto#01 (2006), Ecce robot! (2007), Sì l'ammore no (2009), Risorgimento pop (scritto con Marco Andreoli, del 2009), Ciao bella (2010), Digerseltz (2012), Aldo morto - tragedia (2012), Zombitudine (2013), Alla città morta. Prima epistola ai romani (2014), Carne (su testo di Fabio Massimo Franceschelli, 2016), Acqua di colonia (2016). Con i loro lavori sono stati pubblicati da vari editori e finalisti e vincitori di numerosi premi: Dux in scatola è stato finalista ai Premi Scenario e Vertigine, pubblicato da Coniglio nel 2006 e da Hystrio nel 2008, e con Risorgimento Pop sono stati tradotti e presentati a Parigi per Face à Face. Reperto#01 è stato finalista al Premio VDA nel 2006, e Sì l'ammore no finalista al Premio Dante Cappelletti/Tuttoteatro.com nel 2009. Dux in scatola, Risorgimento Pop e Aldo morto compongono una trilogia edita da Titivillus nel 2012 con il titolo Storia cadaverica d'Italia. Lo spettacolo Aldo morto è stato candidato al Premio Ubu nel 2012 come migliore novità drammaturgica, ha vinto il Premio Rete Critica 2012 ed il premio NICO GARRONE 2013 per il progetto speciale "Aldo morto 54”. Acqua di colonia è stato candidato al Premio Ubu 2017 ed è pubblicato da Cue Press. Hanno lavorato per RaiRadio3 in varie trasmissioni e nel 2014 Rai5 ha realizzato un documentario su di loro nel ciclo "Roma: la nuova drammaturgia”. Lo spettacolo Acqua di colonia è stato candidato al Premio Ubu nel 2017 come migliore novità drammaturgica.
David Lescot, è un autore, regista e musicista. Artista associato del Théàtre de la Ville, nella sua poetica unisce la prosa alla musica e al canto. È stato insignito di diversi premi fra cui il Grand Prize per la letteratura drammatica e il Premio Molière de la Révélation théàtrale. I suoi testi sono stati tradotti e rappresentanti in molte lingue e paesi, e sono pubblicati da Actes Sud Papiers. Lescot (classe 1971, figlio e fratello d’arte, suo padre Jean e suo fratello Micha sono entrambi attori) è stato salutato dal pubblico e dalla critica come una rivelazione fin dal suo primo affacciarsi sulla scena. Pluripremiato, con il Premio del sindacato nazionale della critica per la migliore creazione in lingua francese per ben due lavori (Un homme en faillite del 2007 e Ceux qui restent del 2014), con il Prix Nouveau Talent Théàtre nel 2008, con un Molière "per la rivelazione teatrale”, assegnato alla Commission centrale de l’enfance nel 2009, con il Grand prix de la litérature dramatique per L’européenne (portato in scena anche in Italia, al Festival di Napoli nel 2011).